Sono oggi 125 i giri di valzer compiuti dalla Terra dal giorno in cui Johann Strauss, noto compositore e direttore d’orchestra, ci ha lasciato. Il suo ricordo continua però a vivere in ogni spartito da lui realizzato, prezioso testamento tanto per il mondo della musica, quanto per quello del cinema.

Il re del valzer
Conosciuto e ricordato come il “re del valzer”, Strauss è uno degli esempi perfetti per poter dimostrare e confermare la capacità dell’arte di rendere immortale un uomo. Anche a seguito della sua morte, infatti, la sua musica ha continuato ad essere elogiata, e soprattutto eseguita.
Superando però per un attimo l’ottica prettamente orchestrale e concertistica, parte della notorietà di Strauss è anche irrimediabilmente collegata al mondo del cinema, e alla figura di Stanley Kubrick.
Il regista aveva subito capito quanto la musica potesse svolgere funzioni fondamentali all’interno della narrazione cinematografica. Una delle sue più grandi capacità, infatti, era quella di saper riconoscere quale pezzo di musica classica si sposasse alla perfezione con le scene dei suoi film, spesso attraverso accostamenti altamente originali. Esempio lampante è sicuramente Il valzer Sul bel Danubio blu dello stesso Strauss, posto in sovrapposizione al ancora oggi iconica scena de 2001: Odissea nello spazio. Non sorprende la possibilità che il successo di tale sequenza, sia in parte dovuto anche al così tanto originale impiego musicale.
Musica e immagine, in questo caso, non sembrano avere nessuna diretta correlazione. Siamo infatti ben lontani dalle processioni di note che solitamente venivano utilizzate nei film di fantascienza. Ciò nonostante, un senso, almeno nell’ottica del regista, doveva obbligatoriamente esserci.
«Giro girotondo, io giro intorno al mondo. Le stelle d’argento costan cinquecento. Centocinquanta e la Luna canta, il Sole rimira la Terra che gira, giro giro tondo come il mappamondo…»
I gemelli diversi: il fiume e lo spazio
Superata quella prima sensazione di straniamento, sono diversi gli elementi sulla quale possiamo concentrare la nostra attenzione. Primo tra tutti, è la leggerezza con cui i vari elementi della scena si muovono. Certo, anni ed anni fa Newtown ci spiegò una cosa chiamata “forza di gravità”, ma distaccandoci da queste ovvie concezioni, quanto sarebbe sbagliato immaginare pianeti e satelliti come i danzatori di questo tanto armonioso valzer? Sotto a questo nuovo punto di vista, per quanto la composizione di Strauss ricada nella categoria delle musiche pre-esistenti, iniziamo forse a comprendere la visione di Kubrick.
Scendendo ad un livello leggermente più profondo, è bene perdere qualche minuto ad analizzare i protagonisti delle due opere: l’acqua, relativa al Danubio e la forza di gravità, invece caratterizzante dello spazio. Quando stiamo a galla il nostro peso sembra dimezzarsi, dandoci l’impressione di star fluttuando. È la stessa cosa che succede nello spazio, dove qualsiasi oggetto o persona, a grande distanza da un qualsiasi corpo celeste, non ha peso. Troviamo dunque un importante punto di incontro tra due elementi apparentemente diversi, ma che se uniti, sono in grado di donare visivamente una grande sensazione di armonia.
Strauss, dedicando un’intera composizione al fiume Danubio, condivide con chi lo ascolta quella che è la sua visione simbolica della Natura. Kubrick, in maniera velata, paragona questo fiume alle scie galattiche dello spazio, perché alla fine, a conti fatti, di Natura pur sempre si tratta. A fronte di una visione prettamente positivistica, essa è raccontata come un qualcosa di buono e dolce, qualcosa di facilmente controllabile. Con 2001: Odiessea nello spazio, dopotutto, non possiamo non captare un messaggio nascosto: tutto, anche i luoghi più distanti e ancora inesplorati, sono potenzialmente alla portata dell’uomo.
Quindi, questo accostamento sembra ancora così tanto insolito? Forse si, ma d’altronde è proprio questo uno degli aspetti più belli dell’arte. A prescindere da tutto però, superando analisi e simbolismi vari, rimane comunque innegabile la capacità di Kubrick di rendere eterno un già grande capolavoro, legando in maniera indissolubile il valzer di Strauss al suo infinito cosmico.
