Quarant’anni portati benissimo! Era il 28 settembre del 1984 quando gli spettatori italiani stavano per assistere alla visione di uno dei capolavori cinematografici che passerà alla storia per la sua longevità ed unicità: C’era una volta in America.
Uscito nelle sale statunitensi sette mesi prima , con una versione ridotta decisa dal produttore Arnon Milchan, che gli costò un flop di incassi, debutta al Festival di Cannes con una durata superiore ai 139 minuti imposti dalla Warner e subito lascia il segno, tanto da far pronunciare, al termine della proiezione, a Krzysztof Zanussi, presidente della giuria del Festival, “Signori, il cinema finisce questa sera”!
Nonostante il timido consenso da parte della critica, negli anni, il capolavoro del regista italiano tra i più controversi della storia del cinema, è diventato uno stile, un linguaggio, un modo di guardare un film.

Le 5 cose da sapere
Se pensavi di conoscere tutto del film, forse non sapevi che…
- Arnon Milchan, il produttore del film, fece un camero: è l’autista di Deborah nella scena drammatica in cui Noodles (Robert De Niro) viene sbattuto fuori dall’auto dopo aver abusato della donna.
- E’ il primo film a rappresentare il senso di solitudine e paura dell’abbandono del regista.
- Robert De Niro cercò disperatamente di incontrare il boss mafioso Meyer Lansky, ma non ci riuscì.
- Il film ha avuto diverse durate. Negli Stati Uniti, paese del debutto, fu di 139 minuti, mentre, nel resto del mondo, di 229 minuti anche se dopo il montaggio iniziale, Leone prese seriamente in considerazione la possibilità di far uscire una versione da ben 6 ore divisa in due parti da 3 ore ciascuna! Poi pensò di portarla a 269 minuti (4 ore e 29 minuti), ma la versione internazionale resta quella attuale ovvero le 3 ore e 49 minuti.
- Soprattutto nelle scene degli anni ’20 e ’30, il film è stato girato negli stabilimenti di Cinecittà a Roma. Per la maggior parte degli esterni il quartiere Brooklyn di New York. La famosa scena in cui Noodles (Robert De Niro) prenota tutti i tavoli del bellissimo ristorante sul mare per la cena con Deborah (Elisabeth Mc Govern) è all’Hotel Excelsior del Lido di Venezia.
Il finale senza fine
C’era una volta in America è uno di quei film che non ti stanchi mai di vedere, e non per le sfumature, i dettagli o le espressioni dei personaggi che puoi cogliere nelle scene ma perché ogni volta si aprono nuovi scenari emotivi legati alle contraddizioni della vita che in questa storia senza tempo, puoi scegliere di immaginare come tue. L’amicizia e la delusione, la fiducia e il tradimento, l’amore proibito e la violenza che ne deriva. Il film crudele, maschilista ma, allo stesso tempo, denso di contraddizioni da farlo diventare, a tratti, un parco di bambini senza controllo, consegna allo spettatore la scelta di un finale da riscrivere. Ciascuno a modo suo, come nel sogno di Noodles, come nella vita.
C’era una volta… Ennio Morricone
La vera sceneggiatura del film è la musica di Ennio Morricone che fu scritta molto prima di iniziare a girare tanto da portarla sul set durante le riprese.
Probabilmente avremmo tutti dimenticato il film se non fosse rimasto nella mente il tema musicale che, negli anni è stato utilizzato, a tratti anche impropriamente, per documentari, spot e tanto altro che poco aveva a che fare con il cinema. Ma la forza del maestro Morricone e delle sue numerose composizioni hanno lasciato nell’immaginario collettivo la purezza di quelle immagini, le immagini di C’era una volta in America, c’era una volta il cinema di Morricone, c’era una volta e ci sarà…per sempre!
