Otto anni fa si spegneva la geniale mente di Dario Fo. Drammaturgo, attore, regista, scrittore ma anche comico, attivista, pittore e scenografo. Non c’era qualcosa che non sapesse o volesse fare, viveva il teatro in ogni suo singolo aspetto.

Teatro di resistenza e impegno sociale
Nato nel 1926 a Sangiano, vicino al Lago Maggiore, Dario Fo eredita dal padre una forte coscienza di Resistenza e una chiara opposizione al nazi-fascismo. Questi ideali li condivideva anche con la sua compagna Franca Rame, proveniente da una famiglia di burattinai. Il loro sodalizio ha dato vita ad una concezione di un teatro sia popolare che impegnato, che si esprime in vari contesti: scende nelle strade, occupa università e si inserisce nelle fabbriche dismesse. Così, il loro legame con il passato si è trasformato; da un teatro destinato a un pubblico ristrettamente semplice, si sono evoluti verso un teatro per il popolo, al servizio della comunità. Attraverso la satira, Fo è riuscito a raccontare e denunciare i temi politici più significativi dell’epoca, attingendo alle caratteristiche della Commedia dell’Arte e dei giullari.
La centralità del linguaggio
Il suo teatro è sempre stato basato sulla parola, su ciò che essa può esprimere anche con il suo suono, allontanandosi quindi dal mero significato che la lingua italiana gli ha associato. Quello che Fo voleva fare era trovare un linguaggio che riuscisse a scardinare gli automatismi della percezione linguistica degli spettatori, ed è riuscito a farlo tramite il suo Grammelot. Nel 1969 con Mistero Buffo, metteva in scena uno spettacolo recitato in una lingua semi-inventata, che univa diversi dialetti del nord Italia con la sua personale interpretazione della lingua utilizzata dai giullari di corte medievali. Quello che il drammaturgo è riuscito a creare, è un discorso carico di significato anche se completamente agrammaticale e asemantico. Tutto questo grazie alle doti mimiche e vocali degli attori che, con ritmo e suoni, hanno trasmesso al pubblico la stessa intensità emotiva di uno spettacolo classico, se non anche più forte.
Il premio Nobel
Dario Fo ha ricevuto il Premio Nobel per la Letteratura nel 1997, un riconoscimento che ha segnato un punto di svolta non solo nella sua carriera, ma anche nel panorama culturale italiano e internazionale. La giuria del Nobel lo ha premiato per la sua capacità di fondere satira e impegno sociale. Inoltre ha sottolineato il suo contributo nel far emergere le ingiustizie e le contraddizioni della società contemporanea. Fo, con il suo stile unico e provocatorio, è riuscito a dare voce ai marginalizzati e a raccontare le storie di chi spesso rimane nell’ombra. Il suo Nobel non è stato solo un tributo al suo talento artistico, ma anche un riconoscimento della funzione politica e sociale del teatro. Questa onorificenza ha amplificato la sua visione di un teatro che è un’arma di cambiamento, capace di sensibilizzare le masse e di mettere in discussione il sistema.
