Un thriller per l’estate: Occhiali neri

Occhiali neri è ad oggi l’ultimo lavoro cinematografico di Dario Argento, uscito tre anni fa in sala con un debole riscontro di pubblico e critica.

Ora è possibile recuperare il film su RaiPlay e riscoprire che si tratta di un’opera profondamente argentiana, come non se vedevano da lustri.

Il maestro del thriller all’italiana, riesce finalmente a recuperare stilemi e suggestioni di un tempo e a integrarle nella contemporaneità cinematografica.

Un’operazione che fa i conti un genere ormai pressoché estinto all’interno delle nostre pratiche cinematografiche, ponendosi come eco lontana di un modus operandi che si chiama(va) orgogliosamente cinema di genere.

Occhiali neri: Lo sguardo (velato) del thriller argentiano

Lo sguardo è uno dei rovelli argentiani, sia quello in soggettiva di chi guarda/spia (quasi sempre coincidente con l’assassino), che quello di chi cerca di guardare e far luce su di un’entità misteriosa che gli si palesa davanti.

Occhiali neri, fin dal titolo, denuncia questa velatura sullo sguardo, sorta di oscuramento che obbliga a guardarsi dentro per trovare una risposta ai misteri che stanno al di fuori.

Diana (Ilenia Pastorelli) è il tipico esempio di eroina da fiaba nera pronta a combattere in piena cecità l’oscurità del male, una tradizione che Dario ha inaugurato con Suspiria e ha portato avanti compiutamente fino a Opera.

Inutile accanirsi sulla pretestuosità dell’intreccio, sulla narrazione abborracciata e sui dialoghi tirati via, perché il maestro del thriller italiano ha sempre preferito una precisa grammatica dello sguardo alla sintassi del racconto.

L’estetica in questione tende a rileggere in chiave terminale il gore degli omicidi, non più artificio compositivo e pittorico di corpi messi a morte, ma ultima pulsione organico-artigianale. Nessuna pulizia formale nella mise en scène sanguinolenta, la morte si consuma nell’ombra perché il buio (che tutto inghiotte) è il male assoluto in quest’opera epigrafica.

Slittamenti di genere

Occhiali neri segna la chiusura completa del cerchio, iniziando come giallo/thriller, proseguendo come horror e diventando una fiaba nera ma con al centro il coté sentimentale, che nasce proprio dall’incontro fra Diana e il piccolo Chin, facendone così un racconto di trasformazione (per la prima) e di formazione (per il secondo). Racconto che conduce a un epilogo in aeroporto tra i più struggenti dell’ultima produzione argentiana.

Tutti i colori del thriller

Nella sequenza di apertura spicca il rosso delle labbra e della camicetta di Ilenia Pastorelli, che nella sequenza finale in aeroporto appare invece biancovestita.

Il rosso dell’eros, della passione e del sangue lascia il posto al bianco della sobrietà materna, ma anche a quello funebre (come da usanza cinese) degli adii.

Occhiali neri

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