Dopo quattro puntante su grande schermo e una miniserie TV (The Continental: Dal mondo di John Wick), l’universo di John Wick prende la tangente femminile con uno spin-off dedicato alla figura di Eve Macarro che proviene dal terzo capitolo.
Uno dei segmenti più suggestivi di Parabellum (la sequenza del balletto classico a teatro), viene espanso creando una ballerina-guerriera assetata di vendetta, riflesso speculare femminile e a tratti femminista di John Wick.
A dare corpo a Eve ci pensa Ana de Armas, cercando di fare propria l’eredità acrobatica e coreografica della serie e giocando ulteriormente sul binomio danza-azione, ma i risultati sono assai inferiori alle aspettative.
Ballerina è uscito nelle sale italiane lo scorso 12 giugno ed è già un mezzo flop al botteghino. Il cambio di regia dal dinamico Chad Stahelski allo scolastico Len Wiseman, purtroppo si sente e Ana de Armas resta prigioniera di un personaggio debole, più legato alle pastoie narrative melodrammatiche che al dinamismo intrinseco dell’azione.

Ballerina: Involuzione di un preciso percorso estetico e teorico
La saga di John Wick, insieme a quella di Mission Impossible, è attualmente il progetto evoluzionistico più importante per quanto concerne il cinema action.
Il franchise ideato da Derek Kolstad e diretto da Chad Stahelski (fino al quarto capitolo), nasce nel 2014, quando la saga con Cruise era già un fenomeno cinematografico conclamato. Per questo Wick prende un’altra via dell’action, procedendo capitolo dopo capitolo a un’attenta rilettura dei codici estetico-linguistici del genere, giungendo a una straordinaria astrazione coreografica della materia, che fonde mirabilmente videogioco e filosofia del movimento.
Specialmente il 3 e il 4 capitolo sono l’esaltazione sfrenata del corpo in azione, corporeità che si riproduce in forma di danza slapstick, rivisitata opportunamente attraverso un design astratto.
Se nel meraviglioso Mission: Impossible – The Final Reckoning, Cruise-Hunt combatte un’intelligenza artificiale per il predominio dell’umano sul digitale, Reeves-Wick abiura il lato più fisiologico del genere, per farsi entità inorganica.
Questo sex appeal dell’inorganico (per dirla con Mario Perniola) avvolge e travolge la saga, come fosse un’eterna installazione artistica.
Ballerina non riesce a mantenere tale promessa fino in fondo, abbarbicandosi a un prevedibile script di vendetta e di sorellanza perduta, inficiando così il lato estetico-teorico dell’operazione. La fotografia elettrica con lampi violacei, predomina solamente la prima parte del film per poi disfarsi in risaputi cromatismi caldi e freddi, riesumando la classica e manichea lotta tra elementi. Come nel finale tautologico in cui la protagonista, armata di pompa dell’acqua, combatte il villain che imbraccia un lanciafiamme. La smaterializzazione teorica degli elementi si perde per strada, in favore di una sofferenza fisica fatta di sangue e sudore che segna l’apprendistato accademico-sportivo-militaresco di Eve.
Qualche buona sortita action (il corpo a corpo nel locale), non riesce a risollevare un prodotto inerte, sorretto da una protagonista poco incisiva. Ana de Armas ha la grinta giusta ma nel suo processo di mascolinizzazione fisica, quasi a voler essere il doppio speculare di Wick, manca di autoironia, quella che invece possedeva Charlize Theron in Atomica bionda.
Un prodotto che omaggia Buster Keaton e Jackie Chan, non può essere esente dall’ironia, qualità che attraversa sotterraneamente John Wick, maschera tragica ma dotata di imperturbabilità ironica proprio come Buster Keaton.
Ballerina è un’operazione più attenta allo script che alla propria evoluzione estetica, una battuta d’arresto all’interno di un franchise in grado di leggere il contemporaneo.
Gurriere, giustiziere e assassine
Eve Macarro al suo esordio cinematografico (il cliffhanger di Ballerina ci preannuncia un sequel), è un personaggio che esaurisce la propria carica tragico-violenta all’interno della propria vicenda, senza espansioni e astrazioni di sorta.
Ana de Armas manca di incisività nel caratterizzare la propria figura, che finisce per essere uno dei tanti guizzi neo-femministi, ma privo di un autentico spessore e di una personale specificità.
Nel mare magnum di film e serie, la figura della donna guerriera, giustiziera o assassina è molto presente nel panorama action contemporaneo, non più solamente relegata a figura ancillare di Bond girl et similia. Con Atomica bionda, Charlize Theron lavorava con autoironia sulla propria fisicità erotica, facendone un’arma di castrazione in piena guerra fredda. Mentre Jodie Comer, con il personaggio di Villanelle (all’interno della serie Killing Eve), ha dato vita a una delle assassine più inquietanti apparse recentemente sul piccolo schermo. Una gelida e impietosa assassina che sgretola qualsiasi separazione di genere.
Il lato oscuro della danza
La danza classica è da sempre stata sinonimo di grazia ed eleganza, ma diversi film hanno rovesciato questo concetto. Già nel 1977 Dario Argento con Suspiria, trasformava un’accademia di danza in un covo di streghe, mentre Darren Aronofsky con Black Swan mette in scena la nemesi orrorifico-psicologica della perfezione e della pulizia estetica del balletto classico.
Ma angosce e turbamenti psicologici abitavano già il superbo capolavoro Scarpette rosse di Powell e Pressburger, attraverso il simbolismo cromatico del technicolor.
Ballerina poteva sfruttare molto bene questa divaricazione tra purezza estetica del balletto e violenza vendicativa, proseguendo il percorso di astrazione del movimento della saga Wick. Purtroppo resta un fuoco di paglia che si consuma rapidamente all’interno del proprio debole script.
