La grande attrice cinematografica, televisiva e teatrale Lea Massari si è spenta due giorni fa all’età di 91 anni. Raffinata e intensa interprete della grande stagione del cinema d’autore italiano e dei gloriosi sceneggiati Rai, Lea Massari ha anche lavorato in Francia. Al servizio di maestri come Claude Sautet e Louis Malle, non ha disdegnato il cinema di genere sia italiano che transalpino, diretta da cineasti come Tonino Cervi (nell’episodico Chi dice donna dice donna), René Clément (nel thriller grottesco La corsa della lepre attraverso i campi) e Henri Verneuil (con il polar Peur sur la ville). Lea Massari è stata un talento unico anche nella commedia all’italiana (indimenticabile a fianco di Alberto Sordi in Una vita difficile) e per l’Antonioni esistenzialista de L’avventura. Dotata di una straordinaria gamma espressiva che le permetteva di recitare con movimenti infinitesimali del volto, Massari possedeva un aspetto in grado di incarnare la femminilità aristocratica quanto quella popolare, senza mai andare sopra le righe ma controllando con estrema attenzione la propria vis recitativa.

Nostra signora del melodramma
Pur avendo interpretato diversi generi tra piccolo e grande schermo con estrema duttilità, il genere d’elezione per Massari è sempre stato il melodramma. Caratterizzato da un linguaggio carico di patos e di formalismi estetici, il melodramma ha accolto perfettamente le specifiche doti recitative della grande attrice, aumentandole talvolta a livello esponenziale.
Lea Massari debutta nel 1954 con Proibito di Mario Monicelli (tratto da Grazia Deledda), un melodramma ambientato nel brullo panorama di una Sardegna primeva, in cui l’attrice recita a fianco del divo Amedeo Nazzari.
Ma la svolta cinematografica giunge nel 1960 con L’avventura di Michelangelo Antonioni, capolavoro intimista e sperimentale in cui Lea, nel ruolo di Anna, scompare misteriosamente nel nulla, inghiottita dall’ambiente roccioso delle isole Eolie.
Cinque anni dopo si trova a recitare a fianco di Marie Laforêt, Anna Karina e Valeria Moriconi nel dramma bellico di Valerio Zurlini Le soldatesse, diventando poi la signora incontrastata del melodramma televisivo.
Gli sceneggiati Rai erano un’interessante fusione (con intenti pedagogici) di televisione, letteratura e teatro, per raccontare a un pubblico anche scarsamente istruito, le pagine di capolavori immortali della narrativa mondiale.
Da I fratelli Karamazov a Anna Karenina
Il massimo splendore performativo all’interno della produzione degli sceneggiati TV, Lea Massari lo ha raggiunto grazie a due capisaldi della letteratura sovietica.
Nel 1969 Sandro Bolchi (tra i grandi fautori dello sceneggiato Rai) ha diretto, in sei episodi, I fratelli Karamazov in cui l’interprete romana ha dato vita al personaggio di Agrafena Aleksandrovna (detta Grushenka), riuscendo a personalizzarlo senza tradirne lo spirito dostoevskiano che lo abita. Nel 1974, sempre con la regia di Bolchi, arriva sul piccolo schermo (suddiviso in 6 episodi) Anna Karenina, tratto dal capolavoro letterario di lev Tolstoj.
Sono anni in cui lo sceneggiato TV sta quasi per esaurirsi e cedere successivamente il passo alla contemporaneità estetica della fiction televisiva, ma Anna Karenina è riconosciuto come uno degli ultimi grandi lampi del filone seriale anni Settanta.
Maurizio Porro ha sottolineato come lo sceneggiato riesce a evidenziare la modernità della protagonista Anna (Massari al culmine della sua bravura), un’eroina romantica e passionale che in pieno Ottocento si oppone alle convenzioni. In piena follia d’amore per il conte Vronski perde il figlio e il suo posto all’interno dell’alta società sovietica.
Due commedie brillanti per l’antidiva Massari
Lea Massari è stata in tutto e per tutto un’antidiva, contraddistinta da un portamento umile e discreto, rovesciando lo stereotipo dell’icona femminile appariscente e incontenibile. Nella sua lunghissima carriera di interprete prevalentemente drammatica, Massari resta impressa principalmente in due commedie brillanti. Escludendo dal novero il meraviglioso Una vita difficile per lo spiccato senso amaro, Made in Italy e Chi dice donna dice donna, sono due fulgidi esempi della produzione episodica a cavallo tra i Sessanta e i Settanta.
Nel primo Lea attraversa con aria imperturbabile la più tipica pochade degli equivoci a fianco di uno scatenato Walter Chiari, mentre nel secondo interpreta addirittura un travestito francese in coppia con Gigi Proietti in abiti femminili.
