Non c’è estate da oltre trent’anni, in cui non venga puntualmente riprogrammato in fascia tardo-pomeridiana o serale Rimini Rimini di Sergio Corbucci. A prima vista uno dei tanti film-cocktail di ambientazione balneare, che quarant’anni fa furoreggiavano in sala (e poi in TV), affollato di comici e bellezze al bagno, protagonisti di storielle pruriginose. Il tutto rigorosamente agitato non mescolato.
In realtà nella sua pochezza di scrittura e di messa in scena, il tardivo comico-balneare di Corbucci è ormai manifesto di un’epoca, reperto sociologico-culturale di come eravamo, sintomo della fine di un decennio e del suo modus vivendi.
Rimini Rimini che alla sua uscita in sala nel 1987 registrò un incasso pari a 2.876.906.000 lire, nei lustri successivi ha continuato a registrare ottimi indici di ascolto sul piccolo schermo, venendo eletto a film di culto, da rivedere ogni estate quasi come fosse il simulacro di un rito propiziatorio per la nuova stagione balneare.
Oltre la versione cinematografica di 114 minuti (la più nota anche nei passaggi TV), uscita poi in home video, esistono anche due versioni estese passate solo sul piccolo schermo (143 e 170 uscita poi in DVD nel 2024). Versioni in cui gli episodi appaiono separati e non intrecciati. Il film è programmazione, nella versione canonica, su Cine34 venerdì 20 giugno alle 18,35.

Crepuscolo della commedia balneare
La commedia balneare è un filone nato verso gli anni Cinquanta e affermatosi pienamente nel decennio seguente, per poi essere rilanciato negli anni Ottanta dai Vanzina con il nostalgico e bellissimo Sapore di mare. Dopo il film dei Vanzina, hanno fatto seguito una serie di prodotti mediocri, atti solamente a sfruttare le località balneari e gli interpreti del momento. Rimini Rimini si inserisce precisamente in questo alveo produttivo, ma a differenza di tanti altri prodotti coevi è diventato nel tempo il manifesto del cinema da bere estivo. Il titolo che nella sua ripetizione esalta una delle località marittime per antonomasia, si fa automaticamente latore di un divertimento godereccio, incarnando lo spirito effimero di quegli anni.
Ma a parte la superficialità svogliata ed epidermica che trasmette il film ad ogni visione, si fa sempre più strada un senso di profonda malinconia e tristezza, un senso di finitezza quasi funebre che si allunga come un’ombra sull’intera operazione. Gli anni Ottanta erano praticamente agli sgoccioli e di lì a poco sarebbe cambiato tutto. Società, politica, moda e cultura hanno cambiato completamente rotta e il cinema insieme a loro. Questo sintomo di cambiamento ineluttabile pare quasi leggersi in trasparenza all’interno dell’operazione di Corbucci.
La ormai mitica canzone dei titoli di testa e di coda cantata dai Righeira, rappresenta il perfetto epitaffio di un cinema edonista e del suo riflesso epocale.
Tra riciclo e lampi progressisti
Rimini Rimini è un riciclo di situazioni già viste, storie già raccontate e maschere stanche. Paolo Villaggio replica il suo Fantozzi nascosto sotto gli abiti di un rigido pretore, che tentato dalle forme di Serena Grandi finisce in una parodia di 9 settimane e ½ con labili rimandi a L’angelo azzurro. Gigi e Andrea sono separati in due storie marginali, mentre Jerry Calà ripesca e rimaneggia un classico della commedia a episodi anni Sessanta come La mia signora (episodio Eritrea). Maurizio Micheli è protagonista dell’episodio più vintage, come cabarettista chiamato a organizzare uno spettacolo per la macellaia romana (in stato depressivo) Laura Antonelli.
In questa macedonia di gag e sketch sforbiciati (talvolta anche male) per raggiungere una versione di circa due ore, Rimini Rimini accoglie dentro di sé anche dei lampi progressisti, che oggi in piena era gender fluid possono far sorridere, ma che all’epoca risultavano abbastanza anomali. La svolta omosessuale che prende il pretore di Villaggio quando incontra Maurizio Micheli, la superiorità seduttiva delle donne secondo Moravia su Panorama (come sottolinea Monica Scattini), l’esperienza sodomitica vissuta da Pappalardo (lustri prima dello spazzacamino nel film di Haugerud) e soprattutto Eleonora Brigliadori che viene sedotta da un bambino.
Una sequela di sciocche provocazioni, ma che inconsapevolmente erano in grado di guardare lontano, per quanto concerne le svolte ideologiche che avrebbe preso la società italiana.
Seguiti, copie et similia
Nello stesso anno di Rimini Rimini, Corbucci insieme ai suoi sceneggiatori realizza una sorta di costola estera del film in questione. Roba da ricchi, pur svolgendosi a Montecarlo, recupera situazioni e gag simili alla commedia balneare in cornice romagnola. Nel cast oltre alle new entry Lino Banfi, Renato Pozzetto e Francesca Dellera, si conferma la coppia Villaggio-Grandi e persino Laura Antonelli. L’anno seguente invece è tempo di un immancabile sequel, Rimini Rimini – Un anno dopo, ma il successo ottenuto non fu pari al primo, mentre nel 1992 arriva Saint Tropez – Saint Tropez di Castellano e Pipolo, ma i tempi sono già irrimediabilmente cambiati.
