Non la si celebra mai abbastanza la coppia più geniale dello slapstick statunitense, Laurel & Hardy noti in Italia come Stanlio e Ollio, da sempre ricordati all’interno di una produzione comica grand public.
In realtà la coppia d’oro della farsa fisica americana, andrebbe ricontestualizzata e inserita a pieno diritto tra i maestri della comicità classica, a fianco di Chaplin, Keaton, Langdon e Lloyd (per limitarci ai nomi più noti).
Dopo lustri in cui la critica e la cinefilia più attente hanno rivalutato l’importanza sociale e persino politica della coppia, permane l’idea diffusa che Laurel & Hardy appartengano esclusivamente all’immaginario collettivo infantile e nazionalpopolare.
Per sfatare una volta per tutti questi pregiudizi e poter definitivamente considerare Stanlio e Ollio due interpreti maiuscoli e maestri di drammaturgie comiche, presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma è in corso una mostra a loro dedicata.
Dalla cellulosa alla celluloide – I diavoli volanti di Stanlio e Ollio si concluderà domani mercoledì 18 giugno, mentre oggi verrà proiettata l’antologia apocrifa italiana Abbasso le donne. All’interno della mostra ci sarà tutta una sezione dedicata alla (ri)scoperta delle voci di Laurel & Hardy, attraverso la storia dei loro doppiatori (da Alberto Sordi e Mauro Zambuto a Carlo Cassola e Paolo Canali).

Morte e reincarnazione di due comici
Nel 1939, Laurel & Hardy sono la coppia più popolare della comicità americana e dopo aver già all’attivo diversi film tra corti, medi e lungometraggi, si avviano verso una fase autunnale del loro percorso.
Gli anni Quaranta segneranno l’ingresso di Abbott e Costello (per noi Gianni e Pinotto) che diverranno i nuovi beniamini del cinema comico statunitense, dopo essersi fatti le ossa nel vaudeville. Stanlio e Ollio devono così reinventarsi e fare i conti con l’età che avanza. I loro film prendono una piega più amara, creando tacitamente quasi una riflessione sul tramonto della coppia e del linguaggio slapstick degli anni d’oro, che già aveva subito una netta modificazione con l’avvento del sonoro. I diavoli volanti del 1939 segna decisamente questo passaggio, rielaborando e ampliando il mediometraggio I due legionari del 1931.
The Flying Deuces più che un vero remake di Beau Hunks, si pone come rilettura autunnale di un loro classico prodotto da Hal Roach, loro produttore di fiducia fino al 1938, ora la coppia era passata sotto l’egida di Boris Morros.
Il film resta uno degli ultimi grandi lavori della coppia, che sfruttando il tipico cliché della legione straniera (terreno comico molto in voga), costruisce quasi il cantico dei cantici della loro poetica comicità, avvicinandosi al tema dell’assoluto e della trascendenza. A. Edward Sutherland era un regista ordinario, come molti di quelli che hanno diretto la coppia, ma in Laurel & Hardy era fondamentale la scrittura comica delle gag (qui tra gli autori compare Harry Landon), il rapporto tra spazio e corpi e il confronto/scontro tra apolidi e integrazione sociale.
I primi venti minuti riproducono cliché tipici della coppia, per poi far approdare i nostri eroi alla legione straniera, dove da disertori incontreranno la morte e la reincarnazione.
Nel finale, dopo lo schianto del velivolo, Stanlio pare uscirne indenne mentre Ollio ascende verso il cielo in versione trasparente. Tempo dopo Stanlio ritrova l’amico sottoforma di cavallo parlante. Si potrebbe concludere che Stan si è rincarnato in sé stesso, mentre Ollie in un quadrupede come desiderava. Questo dimostra come la coppia faccia i conti in maniera diretta con i concetti di morte e assoluto, celebrando il ritorno da un’altra dimensione a quella ordinaria. Un eterno ritorno per due apolidi senza famiglia ne patria, due corpi comici in eterna libertà, in grado di abbattere le barriere dello spazio e del tempo.
Asini volanti
La sequenza più nota e citata all’interno de I diavoli volanti, è quella in cui la coppia prima di fuggire dal campo militare balla e canta sulle note di Shine On, Harvest Moon, brano popolare del 1908 di Nora Bayes e Jack Norworth. Nella versione italiana la canzone diventa A zonzo, con un testo nonsense che parla di asini volanti e fiumi bianchi come inchiostro. Diventa l’inno della coppia, un motivo malincomico e surreale sottolineato dai ritmici e aggraziati movimenti che i due eseguono in perfetta sincronia. A zonzo, ripresa persino come leitmotiv da Gabriele Salvatores nel suo Turné e citata da Paolo Villaggio e Renato Pozzetto in uno sketch de Le nuove comiche, è quasi un inno a un mondo rovesciato e bislacco, il mondo poetico dei comici.
Capolinea post-atomico
Dopo I diavoli volanti Laurel & Hardy gireranno il loro film più teorico, Noi siamo le colonne, celebre per la sequenza del labirinto di cespugli che sembra uscito dalle pagine di Lewis Carroll. A seguire ci sarà un ritorno alla farsa più diretta con opere come Sim salà bim e I toreador, per poi giungere al loro capolinea con lo sfortunato Atollo K del 1951. Già visibilmente malati i due comici realizzano il loro lavoro più scopertamente politico, con una coproduzione franco-italiana. Una commedia crepuscolare e post-atomica in anticipo persino su Atomicofollia con Mickey Rooney, che ha concluso con levità malinconica la carriera della coppia comica più famosa di sempre.
