E’ in corso a Bologna (dal 21 al 29 giugno) il Festival del Cinema Ritrovato e all’interno della sua nutrita programmazione 2025, ospita una rassegna dedicata all’immortale diva classica Katharine Hepburn. Katharine Hepburn: Femminista, acrobata e amante, è una delle sezioni più importanti di questa edizione, trovando posto persino in locandina. La selezione di film presenta titoli noti della sophisticated e della screwball comedy, come Holiday, Sylvia Scarlett e Bringing Up Baby, ma anche l’indimenticato dramma avventuroso di John Huston The African Queen. Nel novero di opere citate, brilla di luce propria un titolo rimasto sempre a latere nella filmografia della Hepburn, un piccolo prezioso film diretto dal maestro inglese David Lean nel 1955: Tempo d’estate.
Summertime non rappresenta sicuramente il vertice della filmografia di Katharine Hepburn e nemmeno della produzione di David Lean, ma è un’opera intensa che utilizza il registro sovracuto del mèlo come riflessione sulla mezza età femminile e della diva e al contempo come autunno del genere.
Il film è stato proiettato, in lingua originale, questa mattina alle 9,00 e verrà replicato domenica 29 giugno alle 11,15.

Il suo Viaggio in Italia
“Di Venezia, già si è detto e si è tanto stampato che rinunzio ad una descrizione minuta, per esporre soltanto le mie impressioni”. Con questa dichiarazione d’intenti Johann Wolfgang von Goethe apriva il capitolo dedicato a Venezia, all’interno della sua monumentale opera diaristica Viaggio in Italia. E Lean pare seguire proprio questo approccio, quando nel 1955 realizza il suo Tempo d’estate ambientato proprio a Venezia.
Il maestro inglese non aveva ancora aperto la strada del suo cinema al colossal e al colore, finora autore finissimo di opere in bianconero di carattere melodrammatico (il capolavoro Breve incontro) o umoristico (Spirito allegro tratto da Noël Coward) e di efficaci trasposizioni dickensiane (Grandi speranze, Oliver Twist).
Con Summertime, Lean fa le prove cromatiche per i suoi lussureggianti colossal futuri, estremizzando pittoricamente il registro estetico-espressivo del mèlo e lavorando sulle doti attoriali di Katharine Hepburn, portando la sua vena tragica verso territori inesplorati.
Come Breve incontro, Summertime si apre e si chiude in una stazione ferroviaria, luogo d’incontri e di addii, e al centro c’è la breve ma intensa parabola sentimentale fra una matura segretaria americana in visita a Venezia e un antiquario italiano.
Da molti considerata un’operazione kitsch e cartolinesca, in cui si salvano solamente il talento della Hepburn e la mano registica di Lean, in realtà in Tempo d’estate, dietro questo velo da cine-cartolina, si nasconde una profonda e straziante riflessione sulla caducità di un genere (il mèlo) e sulla solitudine sentimentale di una donna non più giovane. La fotografia pittorica di Jack Hildyard, aumenta le simbologie dei desideri inespressi, come il rosso fiammante della coppa di vetro, quale mezzo di incontro e seduzione da parte dell’antiquario Rossano Brazzi nei confronti della segretaria Katharine Hepburn.
Un film che fonde coraggiosamente cine-vedutismo, melodramma e commedia sentimentale. La nota sequenza della caduta nel canale, invece di far sprofondare il personaggio della Hepburn in una dimensione comico-patetica, ne aumenta il senso di autenticità con un tocco ironicamente garbato.
La diva con l’obbiettivo
Il personaggio di Jane Hudson, interpretato da Katharine Hepburn, entra in scena munito di videocamera, occhio meccanico per immortalare le bellezze della laguna veneziana. Jane fa le prove in treno su di un passeggero e successivamente registra qualsiasi momento del suo viaggio in traghetto e le bellezze artistiche e architettoniche che vede. In trasparenza è possibile leggere delle convergenze tra la diva Hepburn e il personaggio di Jane, come se lo sguardo statunitense dell’attrice volesse carpire e rielaborare l’estetica paesaggistica italiana, fino a confondersi sentimentalmente con essa e diventare tutt’uno con miss Hudson.
La parte introduttiva del film ha un sapore vagamente documentario, una sorta di ideale vacanza cinematografica per Katherine Hepburn e David Lean, fino a quando interprete e personaggio si fondono in una vertigine di fruizione artistica che diventa condizione per un melodramma esistenziale. Quasi un passaggio verso la piena consapevolezza di un autunno interiore e performativo.
David Lean e l’autunno dei sentimenti
David Lean prima di diventare l’incontrastato maestro del colossal esotico e fluviale (da Lawrence d’Arabia a Passaggio in India), è stato un ricercato cantore di parabole sentimentali in odore d’autunno già durante la loro fioritura.
La fine di una breve storia d’amore, che implica la negazione del classico happy ending, è presente tanto in Breve incontro, quanto in Tempo d’estate. Due opere che dialogano tra loro, pur utilizzando marche estetiche opposte (bianconero e colore) e espedienti narrativi differenti per raccontare i sentimenti.
Summertime, in lingua originale intitolato anche Summer Madness (follia d’estate), possiede lo stesso pudore sentimentale di Brief Encounter, di cui risulta essere la versione pittorica e simbolica, in cui la passione trattenuta si libera attraverso l’arte e i suoi colori.
