«Credevo che i sogni portassero alla felicità e invece inizio a pensare che una cosa escludesse l’altra».
Richard Gadd è una “piccola renna” in un mondo di squali, con un sogno nel cassetto da portare avanti: diventare un comico, una celebrità dello spettacolo. Ma solo attraverso la sperimentazione del dolore, e della sua spettacolarizzazione, potrà essere accettato. E fu così che nacque Baby Reindeer.

Riguardo alla serie
La serie Netflix creata da Richard Gadd racconta la storia dell’aspirante comico Donny Dunn che incontra per la prima volta Martha, una donna maldestra e introversa che pratica la professione di avvocato. La gentilezza e la disponibilità messa in atto dal protagonista farà in modo di causare un avvicinamento morboso e persecutorio della stessa Martha, compromettendo la vita privata di Donny e facendo riemergere un trauma del suo passato.
La riproducibilità del trauma
Baby Reindeer mette in atto la “spettacolarizzazione” del trauma: argomenti delicati come l’abuso sessuale e lo stalking vengono messi in scena esplicitamente e in questo modo la serie diventa un colpo all’occhio per lo spettatore. Le modalità di rappresentazione di Baby Reindeer hanno una chiara attinenza con la realtà, soprattutto televisivo-giornalistica: è ormai consuetudine vedere nei tg immagini e video relativi ai dolori che affligge la società contemporanea, il tutto senza filtri e senza censure. Il fruitore diventa perciò sempre più tollerante alla tv del dolore (tra gli esempi l’incidente del Vermicino e il crollo delle Torri Gemelle). Baby Reindeer si pone su questa tendenza, narrando di fatto quello che è successo veramente all’autore. Per questo la serie è un prodotto a tratti documentaristico, che appoggia radici profonde nel reale: la voce fuori campo del protagonista, la macchina da presa che segue i movimenti e gli sguardi dei personaggi, l’utilizzo dei social media, il tutto serve a creare un’ambientazione intima e privata, creando una forte empatia agli occhi dello spettatore che sente vicina l’esperienza del protagonista.
La violenza come base del successo
La sensibilizzazione su argomenti come l’abuso non bastano ancora per impedire che nuove violenze vengano perpetrate: nuove testimonianze di vittime che raccontano i loro traumi sono all’ordine del giorno su giornali e notiziari. Baby Reindeer ne è il chiaro esempio: la serie Netflix è tratta dalla storia vera di Richard Gadd, e del suo dolore. Ma il suo racconto, per quanto drammatico sia, lo ha reso celebre in tutto il mondo, facendolo diventare in breve tempo un’icona dello spettacolo. Infatti Richard Gadd non era così popolare come lo è adesso. Logicamente, l’interpretazione più ovvia è quella che l’autore, grazie alla fama appena conquistata, si faccia simbolo e portavoce di tutta quella schiera di vittime che non hanno il coraggio di denunciare i loro aggressori, sopraffatte probabilmente dal disagio di causare un danno ai propri cari e alla propria persona. Ma è anche presumibile pensare che il dolore venga sfruttato per arrivare al successo.
La convivenza serena con il dolore
In Baby Reindeer il protagonista Donny Dunn (alter ego di Richard Gadd) è un aspirante comico che vive continuamente ignorato dalla gente. Però la rivelazione al mondo della violenza subita gli apre le porte della popolarità: da signor nessuno, inizia a ricevere messaggi di affetto sui canali social, diventa ospite nei podcast e nei salotti televisivi. La cosa più grave che potesse capitare nella vita di una persona diventa per Donny il viatico per diventare qualcuno. Ma anche ciò che ha causato la violenza sessuale è dettata dal desiderio del protagonista di aspirare al successo: la ricerca della fama diventa la costante tematica che permea i pensieri del protagonista. La volontà di essere qualcuno fa in modo che Donny venga violentato in maniera reiterata. Il protagonista interpreta il successo come una sorta di maschera protettiva contro le proprie fragilità: la gente in questo modo è focalizzata a considerare il prossimo per i suoi talenti, anziché per i propri difetti. Per questo la fama è così tanto agognata dal protagonista, per fare in modo che la gente lo consideri in base al suo status sociale. Ma il trauma non ha fatto che sortire l’effetto opposto. Ma allora sorge un quesito: Richard Gadd ha svenduto il suo dolore per arrivare ai gradini più alti dello spettacolo?
