«A Vitto’, ‘a vita è dura e si ‘n sei duro come ‘a vita non vai avanti»
Correva il giorno 8 settembre 2015 quando nelle sale italiane venne distribuito Non essere cattivo, ultima pellicola diretta dal compianto regista Claudio Caligari e ultimo capitolo di un’ideale trilogia iniziata nel lontano 1983 con Amore tossico e proseguita nel 1998 con L’odore della notte, con il tema della violenza a fare da filo conduttore ai tre titoli. Non essere cattivo segna inoltre la prima collaborazione fra i due attori romani Luca Marinelli e Alessandro Borghi, un’intesa artistica che sarà destinata a proseguire negli anni arrivando ai giorni nostri con l’ultimo Le otto montagne del 2022.

Trama
Siamo a Ostia, nel 1995, e Cesare e Vittorio sono da sempre grandi amici, cresciuti insieme all’interno della borgata romana ed entrambi condividono gli stessi interessi, ossia il consumo e lo spaccio di stupefacenti. Una sera Vittorio, dopo aver assunto delle pasticche, ha delle allucinazioni negative (bad trip) e decide di farla finita con il mondo della droga e trovare un lavoro normale per vivere, coinvolgendo il suo migliore amico per liberarlo da un terribile circolo vizioso. Trovano entrambi un’occupazione come operai presso un cantiere edile e le cose per i due protagonisti sembrano lentamente funzionare: Cesare si fidanza con Viviana, una ex di Vittorio, mentre quest’ultimo va a convivere con Linda e suo figlio Tommaso. Ma il rischio di una ricaduta nel mondo della droga è dietro l’angolo.
Due anime della gioventù
Caligari mette in scena, in stile pasoliniano, due anime contrapposte e antitetiche della “gioventù”: da una parte Vittorio, ragazzo riflessivo e conscio dei rischi che una vita come quella legata al mondo della droga comporta e, pertanto, consapevole che il mondo dei balocchi è finito e che bisogna diventare adulti; dall’altra parte Cesare, ritratto di una gioventù che non riesce a trovare un posto nel mondo degli adulti (e che probabilmente non ha intenzione di trovarlo) perché attirati da una visione del mondo onirica e disincantata, che solo le droghe possono pericolosamente regalare.
I paradisi artificiali del mondo moderno
Già con Amore tossico Caligari aveva trattato il tema della dipendenza in maniera cruda e feroce, in quel caso specifico l’eroina; con Non essere cattivo il regista italiano invece coinvolge le moderne droghe sintetiche, capaci di generare allucinazioni visive e distorcere il mondo intorno a sé e di conseguenza in grado di far evadere il consumatore dai problemi della quotidianità. L’assunto che il film si prefigge di porre in questione è la facilità con la quale la droga può indurre l’essere umano a “dimenticarsi” della vita di tutti i giorni, fatta soprattutto di doveri e impegni gravosi, rendendo la propria esistenza incredibilmente piacevole e divertente, una sorta di palliativo.
Cesare e Vittorio, nemici-amici
La dipendenza da una vita fatta di svaghi e distrazioni è reso evidente dalla figura di Cesare: per quanto provi a cambiare e a sistemarsi con un lavoro regolare, le lusinghe del mondo degli psichedelici sembra più forte della volontà stessa del protagonista. Basta un minimo evento fuori dal comune che possa farlo precipitare nuovamente in un burrone dal quale non riuscirà più a risalire: il momento della perdita della nipote è la goccia che fa traboccare il vaso, e che decreterà la sua fine. Vittorio sembra invece adattarsi meglio di Cesare a una vita responsabile, da adulto: lui ha sperimentato sulla propria pelle l’altra faccia delle droghe, capace di traumatizzare il consumatore e fargli aprire gli occhi sulla loro pericolosità. Per questo sembra più incline del suo amico a cambiare stile di vita. Ma anche Vittorio deve fare i conti prima o poi con gli oneri della corona: andare a lavoro tutti i giorni, dedicarsi in primis alla propria famiglia non sono cose da poco, prima o poi la tentazione arriverà anche per lui.
