Il primo giorno della 19° edizione della Festa del Cinema di Roma si è conclusa presso l’Auditorium Conciliazione con la proiezione di Nickel Boys, il film d’apertura della sezione Alice nella città. La pellicola diretta da RaMell Ross è un racconto struggente tratto dall’omonimo romanzo scritto da Colson Whitehead che, a sua volta, si ispira a fatti realmente accaduti all’interno della Dozier School for Boys di Marianna in Florida, chiusa definitivamente nel 2011. Una storia di amicizia ma anche di brutalità, che però il film non è riuscito a rendere come ci aspettavamo, a causa di un ritmo incostante che rende la pellicola affascinante e coinvolgente solo a tratti.

Trama
Sono gli anni Sessanta dell’allunaggio, delle discriminazioni razziali e delle lotte per i diritti civili propugnate da Martin Luther King. Lo studente afroamericano Elwood Curtis, ideale perfetto di ragazzo educato e disponibile, vive in Florida con la nonna Hattie dopo l’abbandono dei genitori. In procinto di iscriversi ad un prestigioso college, viene ingiustamente incolpato di aver partecipato ad un furto d’auto e, per questo motivo, viene “internato” presso la Nickel Academy, un riformatorio fatto di violenze e soprusi, dove conosce il giovane Jack Turner.
Peccato per quell’errore
Il film sa essere commovente, soprattutto nella parte finale, grazie anche alle ottime interpretazioni dei personaggi, sui quali la macchina da presa indugia lungamente (a volte anche troppo) per cogliere ogni sfumatura espressiva, specchio dei loro desideri inconsci. Bene il comparto tecnico: la fotografia offre allo spettatore uno spettacolo a occhi aperti, il montaggio crea le giuste sovrapposizioni fra parola e immagine, caricandole ogni volta di un significato mai fine a se stesso. Ma Nickel Boys pecca per uno stile registico che porta allo sbadiglio: il film è completamente in soggettiva, in modo da renderci testimoni delle esperienze di Elwood e del suo amico Jack. Tentativo audace e apprezzabile che però non rende giustizia al fascino della narrazione: l’unico punto di vista finisce per stancare, non permettendo di conoscere la storia da diverse angolazioni e scegliendo quella a noi più congeniale. E a risentirne enormemente è anche il ritmo.
La Nickel “Lager” Academy
Il riformatorio nel quale Elwood è stato rinchiuso si prefigge di essere un istituto (ri)educativo modello, ma in realtà ha i tratti tipici di un campo di prigionia: vige una scala gerarchica (Larva, Esploratore, Pioniere, Asso), chi disobbedisce viene severamente punito, chi sbaglia viene chiuso dentro una sauna senza uscire, chi sgarra gravemente diventa un vero e proprio “desaparecido”, proprio come coloro di cui non si avevano più notizie durante la dittatura militare di Augusto Pinochet in Cile. Ovviamente non erano scomparsi, venivano uccisi. Tutto questo è realtà alla Nickel Academy.
Basta guardare il cielo
Elwood è un sognatore, un idealista che guarda il mondo dal basso verso l’alto, che osserva con ingenuità il cielo per poter spiccare il volo. Nonostante i maltrattamenti e le violenze che affliggevano gli afroamericani di quell’epoca, per il giovane Elwood rimane sempre viva la speranza e la possibilità di sognare una società diversa, proprio come vorrebbe il suo idolo Martin Luther King. La cosa più importante è cambiare il mondo, rovesciare le ingiustizie e difendere i più deboli. Anche tra i Nickel Boys, Elwood continuerà a mantenere fermi i suoi ideali di difesa e denuncia, nonostante le violenze e le corruzioni all’ordine del giorno. Un ideale, quando è nobile, sa davvero essere indistruttibile e incorruttibile, e niente e nessuno è in grado di ucciderlo: neanche la morte del sognatore, perché ci sarà qualcun altro che sognerà al posto suo.
La voce del silenzio
Non tutti i reclusi della Nickel Academy la pensano come Elwood. La maggior parte di loro preferisce il silenzio. Chi incarna più di tutti questo atteggiamento è Jack Turner, con cui Elwood stringerà una forte amicizia. I due personaggi sono agli antipodi per come vedono le cose: da una parte la volontà di aiutare gli altri, dall’altra aiutare se stessi. L’indole di Jack Turner non è mai stata questa: il suo silenzio è la causa di una vita di privazioni. Lui ha provato il dolore sulla propria pelle, e a volte la migliore difesa non è l’attacco, ma la difesa stessa. Ma l’arrivo di Elwood è per Jack come l’incontro tanto atteso con il proprio mentore: sarà il protagonista a instradare l’allievo verso la consapevolezza che solo aprendo gli occhi puoi davvero dare “voce” al tuo silenzio. E il finale ne è testimonianza.
