Una storia “dritta” messa in scena in un modo assolutamente encomiabile. Fino alla fine di Gabriele Muccino diviene quel film che farà ricredere chi dice che in Italia non si osa a livello registico, che non esistono più i cineasti di una volta. Nel nuovo thriller di Muccino si nota subito la mano di chi ha il mestiere in tasca, tra interpretazioni magistrali e piani sequenza mozzafiato.

Trama e trailer
Sophie, interpretata da Elena Kampouris, è una giovane americana di vent’anni che, dopo un importante lutto, parte in vacanza con la sorella per Palermo. Qui incontrerà quattro giovani del posto che la faranno uscire dal suo torpore. Decide infatti di passare con loro le sue ultime 24 ore in Italia prima di riprendere il volo per la California. Queste 24 ore si riveleranno ricche di adrenalina e pericolo, ore che le sconvolgeranno per sempre la vita.
La trama di Fino alla fine non ha nulla di così originale o distante da qualsiasi altro action movie, ma molto probabilmente non era questo l’obiettivo di Muccino. E’ un altro l’aspetto narrativo veramente degno di nota: quello di portarci in una direzione per poi sbarrarci la strada e condurci da tutt’altra parte. Una sceneggiatura semplice sì, ma che gioca fino all’ultimo sul far credere allo spettatore che “ora succede”, e invece no.
Ecco cosa vuol dire dirigere
Accanto a Elena Kampouris in Fino alla fine, Saul Nanni nei panni di Giulio, un giovane trapiantato a Palermo che si innamora della sorprendente americana. Per chi se lo ricordava nella serie per ragazzi Alex & Co., di certo rimarrà piacevolmente stupito. Infatti il 25enne riesce a tenere il passo di un intensissimo Lorenzo Richelmy nel ruolo di Komandate, un criminale palermitano che ha da nascondere più di qualche segreto. Nonostante sia molto chiara l’impronta che Muccino ha adottato nel dirigere il cast, a brillare, senza alcuna incertezza nel dirlo, è una formidabile Elena Kampouris. L’attrice, tra l’inglese e l’italiano, non perde neanche per un’istante l’intensità richiesta da questa storia mozzafiato, non facendo sentire lo scollamento che sarebbe potuto esserci nel mixare costantemente i due idiomi. Tant’è che Gabriele Muccino, per non perdere il pathos generato dall’utilizzo dei due vocabolari, ha deciso di girare ogni scena in entrambe le lingue, sia in inglese che in italiano, per paura che il doppiaggio non restituisse la stessa intensità. Un’idea veramente impegnativa produttivamente parlando. E il suo entusiasmo e impegno si è notato tutto nell’intervista rilasciata a noi di Soggettiva.
Piani sequenza “fino alla fine”
Il re dello schermo, la nota di merito senza alcuna incertezza, è sicuramente il piano sequenza. Per chi non lo sapesse, il piano sequenza è una tecnica cinematografica nella quale l’inquadratura coincide con la durata della sequenza, ossia una sequenza interamente composta da una sola inquadratura, senza mai staccare e senza intervento di montaggio. Il suo utilizzo fa sì che ci debba essere un grande coordinamento e un’altissima intesa tra gli attori e tutti i membri della troupe, poiché non vi è la possibilità di montaggio o di aiuto con altre inquadrature. Insomma, va girata “tutta d’un fiato”.
A permettere tutto ciò è sicuramente la maestria del regista, e qualche tecnica speciale. Per utilizzare il piano sequenza in maniera cadenzata, per le scene in auto di Fino alla fine è stato messo in campo un veicolo speciale chiamato POD, così composto: i comandi di guida posizionati sopra al tettuccio dell’automobile e affidati ad un tecnico, e una macchina da presa inserita all’interno dell’abitacolo su uno slider e una testata rotante in grado di riprendere i passeggeri a 360°. Basti pensare che l’insieme non è mai stato utilizzato nella storia del cinema.
Del resto era necessario qualche escamotage per rendere possibile l’impresa: un utilizzo del piano sequenza “fino alla fine”.
