«C’era un sogno che era Roma, ma non è questo». Le parole di Massimo Decimo Meridio rivolte a Proximo sul destino della città imperiale sono le stesse che rivolgiamo a Ridley Scott dopo aver realizzato Il Gladiatore II, sequel del primo capitolo che è stato campione d’incassi e vincitore di 5 premi Oscar. Il film, con protagonisti Paul Mescal e Denzel Washington, è più un remake che un vero e proprio seguito, cercando di replicare l’epicità e la dinamica spettacolare de Il Gladiatore, ma risultando di fatto una pellicola senza sussulti, che fa fatica a mantenere gli alti standard qualitativi del suo predecessore, nonostante le alte aspettative del pubblico. Quello che risulta è più un film uscito per ragioni commerciali e di vendita più che per ragioni artistiche e narrative.

Trama
Sedici anni dopo la morte di Massimo Decimo Meridio, il generale romano Marco Acacio (Pedro Pascal) conquista la Numidia facendo prigionieri da destinare come schiavi per l’Impero. Tra questi c’è Annone (Paul Mescal) che, in seguito alla battaglia, ha perso la moglie ed è stato comprato come gladiatore sotto la guida del mercante di schiavi Macrino (Denzel Washington). Desideroso di vendicarsi della morte della sua amata, il giovane Annone dovrà partire alla volta di Roma, caduta ormai in decadenza sotto la guida dei due imperatori Geta (Joseph Quinn) e Caracalla (Fred Hechinger), per combattere tra le sabbie del Colosseo e avere finalmente la sua vendetta, ma anche per affrontare i demoni del proprio passato.
Era necessario?
Il Gladiatore II si rivela un film non necessario, un’operazione di marketing distante anni luce dal primo capitolo diretto da Ridley Scott, che aveva appassionato milioni di spettatori per la sua storia, le interpretazioni del cast e soprattutto le scene d’azione ad alte dosi spettacolari. Il sequel infatti, per quanto sia copia e incolla del predecessore, non riesce mai a restituire del tutto pathos ed epicità tipiche dei film storici, sia a livello narrativo che a livello visivo. La storia è poco credibile e funziona solo a metà, a causa di una sceneggiatura che forza troppo la mano e che si concede delle battute che a tratti ricordano le soap opere televisive. Lo stesso vale per le immagini: la sovrabbondanza di effetti digitali diventa talmente grossolana che sembra più di assistere a un videogioco che a una pellicola cinematografica. Anche il cast non è all’altezza: Paul Mescal e Pedro Pascal sono monoespressivi e sembrano spaesati, il ritorno “ingessato” di Connie Nielsen nei panni di Augusta Lucilla fa più effetto nostalgia anziché essere una parte funzionale della narrazione. Dell’accuratezza storica non ne parliamo. Sappiamo che Ridley Scott è regista poco avvezzo alla documentazione, ma qui ci troviamo di fronte a momenti che strizzano l’occhio anche al fantasy, un po’ come accaduto con il suo “Exodus-Dei e re” del 2014: la scena della lotta nell’arena contro degli scimpanzé che sembrano geneticamente modificati, o la battaglia navale con le acque del Colosseo popolate dagli squali rompono completamente il patto di credibilità con lo spettatore.
Cosa c’è da salvare?
Chi è amante de Il Gladiatore potrebbe trovare il seguito a tratti indigesto ma, nonostante le lacune e i difetti, la pellicola ha anche dei pregi, il che non lo rende totalmente da condannare. La scelta di puntare su Denzel Washington come inaspettato villain è la cosa più interessante del film: un personaggio dalle tinte shakespeariane, subdolo e machiavellico, come non lo si vedeva da parecchio tempo sul grande schermo. Anche l’idea di puntare su una coppia di imperatori si rivela una scelta azzeccata: i due attori Joseph Quinn e Fred Hechinger rendono al meglio le loro parti, creando due personaggi totalmente folli e sopra le righe, specchio del loro Impero. Inoltre il film vive di alcune citazioni che richiamano direttamente il primo capitolo, creando quel toccante momento nostalgico che quanto meno era prevedibile ma necessario: l’equipaggiamento di Massimo, il dono del “rudis”, toccare la sabbia dell’arena prima della battaglia, il ritorno di alcuni personaggi come la già citata Augusta Lucilla e il senatore Gracco. Ottima la fotografia e le scenografie, capaci di creare un’ambientazione misteriosa e conturbante della Roma corrotta, come ottima è anche la colonna sonora composta questa volta da Harry Gregson-Williams, che riprende alcune melodie memorabili della musica composta da Hans Zimmer per il film del precedente. Nel complesso Il Gladiatore II è un film mediocre, senza infamia e senza lode, che non rende certo giustizia al suo predecessore e che si colloca nella lista di quelle pellicole sequel che vengono realizzate senza dare qualcosa in più alla saga, ma probabilmente rovinandola. Almeno agli occhi del pubblico e non per i produttori del film che ci hanno visto lungo: la pellicola sta facendo soldi a palate, conquistando il boxoffice, e per loro tanto basta per fare un buon film.
