L’amato regista Gianni Amelio oggi, 20 gennaio, festeggia il suo 80esimo compleanno. Egli è molto più di un regista e sceneggiatore: è un indagatore instancabile della psiche umana, capace di mettere il suo stile inconfondibile al servizio di un racconto sociale profondo e sfaccettato. Ogni film di Amelio è una finestra aperta sulle contraddizioni e sulle speranze della società, un viaggio che attraversa temi universali come l’emigrazione, il terrorismo, il rapporto tra padri e figli, fino alle riflessioni più intime sull’identità e sul cambiamento. Con titoli memorabili come Porte aperte, Il ladro di bambini e Lamerica, Amelio ha saputo conquistare pubblico e critica, confermandosi un autore di rara sensibilità e potenza espressiva.

Infanzia ed esordi nel mondo del cinema
Nato a San Pietro Magisano, in Calabria, nel 1945, la sua infanzia è stata segnata dall’assenza del padre, emigrato in Argentina subito dopo la sua nascita. Cresciuto con una madre giovanissima e due nonne forti e amorevoli, Amelio ha trovato proprio nel cinema un rifugio e un mezzo per esplorare le dinamiche familiari e sociali. È stato grazie a una delle nonne, che lo accompagnava spesso al cinema, che il giovane regista ha scoperto la magia del grande schermo. A vent’anni, lasciò la sua terra per trasferirsi a Roma, inseguendo il sogno di lavorare nel mondo del cinema. L’incontro con Vittorio De Seta, che lo prese come assistente sul set di Un uomo a metà, segnò l’inizio della sua carriera. Nei suoi primi lavori, Amelio iniziò a esplorare temi come l’emigrazione, il distacco e il senso di appartenenza, come nel documentario Undici immigrati, in cui racconta con sguardo originale la presenza di calciatori settentrionali in una squadra del Sud, un ribaltamento del classico racconto migratorio. Il suo esordio nel cinema, Colpire al cuore (1983), è ancora oggi considerato uno dei suoi capolavori.
Il suo “cinema del padre”
Gianni Amelio ha fatto della figura paterna un tema centrale della sua filmografia, esplorandola attraverso molteplici declinazioni, da padri biologici a figure surrogate. Fin dal suo esordio cinematografico con Colpire al cuore (1983), interpretato da un magistrale Jean-Louis Trintignant, Amelio ha raccontato padri e figli in conflitto, legati da gelosie, sospetti e, talvolta, riconciliazioni mancate. In Il ladro di bambini, il carabiniere Antonio diventa un padre improvvisato per due piccoli abbandonati, mentre in Lamerica, il vecchio Spiro incarna una paternità perduta e onirica, intrecciata con i ricordi personali del regista. Così ridevano e Le chiavi di casa approfondiscono la scoperta dell’essere padre, mentre La tenerezza e Hammamet mostrano paternità complesse, spesso in crisi, sullo sfondo di tragedie intime o politiche. Perfino in opere come Il signore delle formiche, dove la figura paterna sembra evanescente, emerge un’idea di paternità simbolica e sociale, un riflesso di autorità e ideali. Con una sensibilità rara, Amelio intreccia autobiografia e invenzione, svelando come la paternità, reale o metaforica, sia il filo conduttore di un cinema che indaga l’animo umano in tutte le sue contraddizioni.
Curiosità
- Amelio ha tre nipoti, figlie di suo figlio, con le quali ha un legame profondo, avendole cresciute seguendo l’esempio dei suoi nonni.
- Pur sostenendo di non amare l’etichetta di “cinema impegnato”, Amelio ha spesso affrontato temi come ingiustizie e disuguaglianze, toccando argomenti quali scuola, lavoro, omosessualità e l’assurdità della guerra.
- Nel 1982 ha realizzato Colpire al cuore, il primo film italiano a trattare il tema del terrorismo non solo come cronaca, ma come problema che coinvolgeva l’intera società, ambientandolo in una famiglia modello.
- Ha raccontato che nel 1994, durante le riprese di Lamerica, ha scoperto una realtà a lui sconosciuta, entrando in contatto con un mondo distante solo 70 miglia di mare dall’Italia, ma culturalmente lontano.
- Il suo grande successo arriva con Porte aperte (1990), che gli vale una nomination all’Oscar.
