Durante la consegna della Palma d’oro onoraria, Robert De Niro abbraccia emozionato il collega Leonardo DiCaprio, ricordando la sua prima volta a Cannes, nel 1973 con Taxi Driver diretto da Martin Scorsese e l’ultima (a distanza di cinquant’anni) con Killers of the flower moon, sempre diretto da Scorsese e interpretato a fianco di DiCaprio. De Niro ha fatto un commuovente discorso sulla libertà di espressione artistica e sul condizionamento di stampo fascista a cui deve sottostare l’arte e nello specifico il cinema. Intervento che si è concluso con uno scrosciante e lungo applauso.

De Niro: l’icona più popolare della New Hollywood
L’ottantunenne attore statunitense è stato uno dei volti più popolari della New Hollywood, lanciato sulla fine degli anni Sessanta da Brian De Palma con il dittico satirico Ciao America! e Hi, Mom! (ma in mezzo ci sta il Clan dei Barker, uno dei capolavori di Roger Corman). La sua popolarità è stata consacrata da Martin Scorsese, con Mean Streets – Domenica in chiesa, lunedì all’inferno e Taxi driver, che diventerà uno dei suoi registi di riferimento (senza dimenticare un film-ponte come lo straordinario Il padrino parte II di Francis Ford Coppola). Poi ci sono i film-manifesto sulla fine di un’epoca e le sue ideologie, come Novecento di Bernardo Bertolucci e Gli ultimi fuochi di Elia Kazan e quelli che hanno aperto un nuovo corso cinematografico, estetico e politico come Il cacciatore di Michael Cimino e uno dei più grandi film elegiaci sul mito americano come C’era una volta in America di Sergio Leone.
Tra autorialità e mainstream
Negli anni Ottanta e Novanta De Niro è passato dalle grandi produzioni autoriali a quelle più disparatamente mainstream, senza soluzione di continuità, in una moltitudine variegata di prodotti.
Dal mastodontico capolavoro surreale di Terry Gilliam Brazil, al buddy-movie di Martin Brest Prima di mezzanotte, passando per la scoppiettante commedia gangsteristica di John McNaughton Lo sbirro, il boss e la bionda, a fianco di Bill Murray e Uma Thurman. Con Bronx si autodirige scorsesianamente, per poi giungere allo straordinario e irripetibile Heat – La sfida di Michael Mann (in coppia con Al Pacino).
L’iconico interprete tende un po’ a smarrire la propria cifra recitativa negli anni Duemila, epoca in cui inizia a cedere alle lusinghe di un fanservice limitante e fine a sé stesso, dove solamente il fido Scorsese riesce nuovamente a farlo brillare (The Irishman).
Standing ovation per Robert De Niro
Durante la premiazione cannese, De Niro evoca Trump, sottolineando che il presidente americano ha tagliato i fondi per le discipline umanistiche, per l’istruzione superiore, e ora annuncia dazi doganali sul cinema semplicemente inaccettabili.
Dopo aver esortato ad agire senza violenza ma con passione e determinazione, l’ottantunenne attore statunitense con cittadinanza italiana, prosegue di non aver paura della morte dato che è inevitabile e la sala Debussy esplode in una standing ovation, quando attacca i regimi fascisti che si oppongono all’arte. Presente in sala anche Tiffany Chen, che lo ha reso padre per la settima volta all’età di settantanove anni.
