Final Destination Bloodlines: L’horror deterministico che intercetta lo spirito dei tempi

A distanza di ben quattordici anni dall’ultimo capitolo, torna la saga horror che riflette filosoficamente sulla caducità dell’esistenza biologica e la conseguente ansia umana nel posticipare il momento del trapasso.

James Wong aveva aperto gli anni Duemila creando questo franchise (comprensivo di ben sei capitoli). Wong ha adeguato il teen-horror alle tensioni sociopolitiche e umane del nuovo millennio, sbriciolando qualsiasi identificazione concreta del male (come avveniva in Scream), spostando la minaccia di morte verso un altrove inconoscibile, legato a un disegno deterministico che ci comprende tutti.

Quando si pensava che la saga fosse ormai ridotta agli sgoccioli creativi, in un ripiegamento involutivo di ganci narrativi e invenzioni estetiche, Final Destination Bloodlines riesce a sorprendere magnificamente, facendo risorgere un prodotto ormai alla deriva dalle proprie ceneri come un’araba fenice e riuscendo persino ad attualizzarlo.

Da teen-horror a riflessione sulla società contemporanea

Final Destination Bloodlines e The Monkey: Ridere con la morte

Un incipit da manuale

Final Destination Bloodlines

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