«Sono diventato un attore per essere un mascalzone e un vagabondo, quindi non credo che l’establishment sarebbe stato in grado di integrarmi come uno dei loro, perché non lo sono»
Jeremy Irons non è certo un attore poco navigato, ovviamente ben noto agli occhi dei cinefili e apprezzato dagli addetti ai lavori per la sua solidità recitativa e versatilità nell’impersonare personaggi agli antipodi. Ma l’attore britannico, sebbene vincitore di un premio Oscar e con una lunga carriera alle spalle, è davvero conosciuto presso il grande pubblico? C’è un ruolo davvero entrato nell’immaginario collettivo? Probabilmente no, come probabilmente la gente comune non assocerebbe il nome al viso dell’interprete. Ma è nella natura di Jeremy Irons stesso essere un “emarginato”, essere libero da vincoli divistici e tipici dello star system, con code di fan alle calcagna a richiedere costantemente autografi e selfie. Se davvero non conoscete sir Jeremy Irons o non vi ricordate dei suoi ruoli, eccovi una rinfrescata per rendere omaggio a uno degli attori anti-hollywoodiani che ha reso Hollywood un luogo in cui si può veramente parlare di cinema.

Jeremy Irons, l’attore cineteatrale
Quello tra cinema e teatro è un rapporto che Jeremy Irons ha sempre portato avanti durante la sua decennale carriera, creando un connubio tra le due forme d’arte che lo ha portato a sviluppare uno stile recitativo e mimetico senza precedenti. L’attore britannico è infatti stato, sin dai suoi primi ruoli, un interprete di formazione marcatamente teatrale (avvenuta presso la Old Vic Theatre School di Bristol), cosa che lo ha portato agli esordi a trovare qualche difficoltà nel recitare davanti a una videocamera. Da una recitazione improntata alla dizione e al parlato di fronte alla platea, il passaggio al mondo del cinema diventa l’occasione per coniugare l’interpretazione teatrale con quella visiva e fotografica della settima arte: il movimento e la parola nella loro massima espressività.
I ruoli celebri
La carriera dell’attore britannico inizia nel 1980 con la pellicola Nijinsky, film d’esordio passato tristemente in sordina, ed è proseguita fino ai giorni con l’ultima partecipazione di Irons in The Beekeeper del 2024, diretto da David Ayer. In 44 anni di attività, l’interprete è riuscito ad aggiudicarsi il premio Oscar e il Golden Globe nel 1991 come Miglior attore protagonista per il film Il Mistero Von Bulow, un film certamente affascinante ma che probabilmente il pubblico ha già dimenticato. Ben più note sono invece le sue apparizioni in pellicole divenute cult come Mission, diretto da Roland Joffé sul tema della conversione religiosa, Lolita del 1987 su una relazione controversa tra un adulto e una ragazzina, La maschera di ferro dove interpreta il moschettiere Aramis, Le Crociate-Kingdom of heaven di Ridley Scott e i film della DC dove veste i panni di Alfred, il maggiordomo di Batman.
Il club dei Villain
La filmografia di Jeremy Irons suggerisce anche una certa passione e adattabilità dell’attore per ruoli antagonisti, grazie anche all’approccio consueto che l’interprete stabilisce con il personaggio che deve andare a impersonare, basato sul concetto di immedesimazione totale teorizzato dal regista teatrale Stanislavskij, nonché la fisionomia facciale ed espressiva dell’attore stesso, a volte magnetica, a volte tenebrosa, a volte schizofrenica. Forse è proprio grazie ai suoi ruoli come villain che Jeremy Irons è maggiormente ricordato: come non pensare all’antagonista di Die Hard-Duri a morire (dove interpreta il fratello di Hans Gruber, villain del primo capitolo), al suo magnifico doppiaggio di Scar nel film d’animazione Il Re Leone, o al cattivo del film del 2002 con Guy Pearce, The Time Machine, dove è il re dei Morlock.
