«Caro signor Vernon, accettiamo di essere stati in punizione a scuola di sabato qualunque sia stato l’errore che abbiamo commesso. Ma pensiamo che lei sia proprio pazzo a farci scrivere un tema nel quale dobbiamo dirle cosa pensiamo di essere. Tanto lei ci vede come vuole».
Questo è il tema svolto nel finale del film dal Breakfast Club: un inno a essere se stessi, a prescindere da come qualcun altro si ostini a (non) vederci, soprattutto chi dovrebbe capirci più di tutti. Emblema assoluto del cosiddetto filone brat pack (una serie di pellicole anni Ottanta che hanno come tematiche i problemi giovanili) e diventato cult assoluto grazie alla famosissima colonna sonora (tra i pezzi musicali degni di nota Don’t you dei Simple Minds), Breakfast Club di John Hughes uscì per la prima volta in Italia il 27 settembre 1985, esattamente 39 anni, cambiando di fatto un’intera generazione.

Trama
Cinque giovani liceali sono costretti a trascorrere in punizione l’intera giornata in biblioteca, a causa di alcune diverse irregolarità. Sotto la supervisione del preside della scuola Richard Vernon devono pertanto rimediare scrivendo un tema il cui titolo è “Chi sono io?”. Ma i cinque studenti inizialmente non hanno alcuna intenzione di stare agli ordini del professore, anche per via della diffidenza reciproca tra i ragazzi, che si ignorano a vicenda. Le lunghe ore di attesa però saranno l’occasione per il gruppo non solo di divertirsi in giro per la scuola, ma soprattutto di conoscersi meglio e di scoprire i rispettivi problemi di vita di ognuno di loro.
Chi sono io?
Il titolo del tema che il preside assegna agli studenti in punizione è quanto più che mai esplicito nel descrivere non solo il senso del film, ma nel tratteggiare un’intera generazione. Per un giovane capire il proprio posto nel mondo è probabilmente l’azzardo più complicato che può supporre. Le cause sono tante: scarsa considerazione di sé, difficoltà nel trovare un punto di riferimento, paura di mostrarsi agli altri per quello che si è veramente. Infatti, all’inizio, nessuno dei membri del Breakfast Club sa cosa scrivere e il motivo è molto semplice: non lo sanno neanche loro, o forse non vogliono rivelarlo.
Gioventù bruciata
I cinque ragazzi protagonisti della pellicola sono molto diversi fra loro per indole e carattere. Ognuno di loro porta con sé degli scheletri nell’armadio che li stanno condizionando nel loro percorso di crescita: chi ha tentato il suicidio, chi viene ignorato dai propri genitori, chi è pressato da essi per via del suo rendimento scolastico, chi è l’oggetto del desiderio di tutto l’istituto, chi è violento. Per quanto diversi, il gruppo del Breakfast Club è però accomunato da un sentimento di rivalsa condiviso: la disciplina e il conformismo della società borghese incarnata dai genitori e dalle istituzioni, e il fallimento del “sogno americano” tanto esaltato dalla società statunitense che nel film viene palesemente scardinato e ribaltato. Ma il gap generazionale di Breakfast Club non può essere circoscritto esclusivamente al periodo degli anni Ottanta: la ribellione e il dissenso giovanile sopravvive ancora oggi.
Il valore della parola
Breakfast Club è sostanzialmente un film sul confronto, che sia tra i genitori, con il preside scolastico o tra gli studenti stessi. E il confronto può essere affrontato solo grazie alla parola. Nel film la nobilitazione oratoria viene resa nota nel corso del film grazie alla prigionia nella quale sono rinchiusi i cinque protagonisti. Se all’inizio i ragazzi sono poco inclini alle conversazioni e a stringere amicizia tra di loro, il senso di capire chi sono (come indicato sulla traccia del tema) e come possono affrontare i rispettivi problemi interiori, li portano a confidarsi con questi estranei, proprio come se fosse la seduta dallo psicologo. Solo così i ragazzi riusciranno nel finale a completare il tema, ma soprattutto a capire e a risolvere le loro ansie e inquietudini.
