«La guerra è come una droga, crea dipendenza» (tagline del film)
Può sembrare paradossale, ma per alcuni soldati partecipare a un conflitto non è una vocazione, nè un innato senso di patriottismo, ma un vero bisogno psicofisico che non li fa stare sereni se non ne assaporano le “dosi” consentite, proprio come fanno le droghe. The Hurt Locker, film del 2008 diretto da Kathryn Bigelow e vincitore di 6 premi Oscar (tra i quali quello per la migliore Regia, il primo in assoluto per una donna), racconta un lato insolito della guerra, addentrandosi in un territorio mai esplorato, quello dell’assuefazione bellica dei militari, nel contesto del conflitto tra Stati Uniti e Iraq. E lo fa con maestria, dosando sapientemente i lati spettacolari a quelli drammatici. Oggi The Hurt Locker compie 16 anni dal suo esordio nelle sale italiane. Era il 2008, e il film non ebbe il successo che avrebbe meritato: col senno di poi si sarebbe meritato un trattamento migliore.

Trama
Un gruppo di artificieri di stanza in Iraq sono incaricati di disinnescare qualsiasi tipologia di ordigno esplosivo. Le loro giornate sono fatte di perlustrazioni per le città irachene martoriate dalla guerra e verifiche di oggetti o veicoli dotati di esplosivi, gestendo lo stress e le continue minacce che potrebbero coinvolgerli in ogni momento. A comandare l’unità di artificieri il sergente William James, un uomo che vive per l’adrenalina e la guerra e che non vede l’ora di cimentarsi continuamente nei disinneschi degli esplosivi.
Il fascino della divisa
William James (Jeremy Renner) è il personaggio attraverso il quale si snoda il tema del film. Il viaggio dell’(anti)eroe che compie il sergente è una caduta nei meandri della degenerazione della follia bellica. Ma l’instabilità mentale del personaggio non è la stessa che coinvolge altri soldati che partecipano a un conflitto, dove la pazzia è data dagli orrori ai quali hanno assistito. Al contrario, la follia di William James è una dipendenza irrefrenabile al pericolo: il protagonista si confronta quotidianamente con la morte, ma è tutto un divertimento, mettendo a rischio la vita dei commilitoni. Il senso di belligeranza provoca nel sergente gli stessi effetti degli stupefacenti: euforia e onnipotenza. In questo modo William vuole vivere sempre la guerra, non può farne a meno. Anche tornare dalla propria famiglia non basta a togliergli l’astinenza bellica: è inadeguato a vivere nella quiete dopo la tempesta, perché comprende solo più la tempesta.
La guerra a-politica di The Hurt Locker
Il film mette in scena un lato della guerra dove non esiste l’ingerenza della politica. Qui il conflitto non è tra Stati Uniti e Iraq, ma dentro il cuore stesso dell’essere umano, alla scoperta di cosa lo spinge ad andare oltre i propri limiti. Pertanto la politica non può essere al centro di questa guerra, perché le loro decisioni non intaccano il sentimento bellico del nostro sergente. Non sarà così invece in Zero Dark Thirty, film del 2013 della stessa Bigelow e sempre ambientato durante il conflitto in Iraq, dove invece a essere protagonista è la controversa politica statunitense e i metodi di torura utilizzati nei confronti dei prigionieri di guerra iracheni. Ma non solo. The Hurt Locker, attraverso la follia insensata del sergente, vuole far trasparire allo spettatore anche l’inutilità della guerra stessa, riprendendo altre pellicole antimilitaristiche come Full Metal Jacket, Platoon e Nato il 4 luglio.
