L’epoca del muto non è esclusivamente oggetto di studio ed analisi delle origini del cinema e dei pionieri che l’hanno sviluppata, ma è anche il periodo in cui salgono alla ribalta le prime “dive”, vere e proprie icone dello spettacolo e simbolo recondito della sensualità propriamente femminile. Dalla vergine alla divoratrice di uomini altolocati (la “vamp”), per passare alla ragazza disinibita e spigliata (la “flapper”), gli archetipi del divismo femminile cinematografico nascono traendo ispirazione da retaggi culturali molto diversi fra loro, da dei veri e propri costrutti sociologici che hanno finito per influenzare non solo il successivo star system del cinema hollywoodiano, ma soprattutto la condizione della donna stessa all’interno della società contemporanea.

Le origini della Vamp
La vamp era l’incarnazione cinematografica di tre diverse opere del 1897: il dipinto La Vampira realizzato dal pittore Sir Philip Burne-Jones, l’omonima poesia di Rudyard Kipling e, infine, il romanzo Dracula di Bram Stoker. Alla poesia di Kipling si ispirò successivamente l’opera di Broadway del 1909 A Fool There Was, che attinse anche dalle teorie darwiniste enunciate dal sociologo William Graham Summer, il quale sosteneva che la natura vampiresca della sessualità tipicamente femminile potesse diventare una minaccia nei confronti delle energie capitalistiche del maschio ariano evoluto. Sulla scia della rappresentazione teatrale, nasce il film del 1915 La Vampira, diretto da Frank Powell e con Theda Bara nel ruolo della vamp protagonista. Il successo della pellicola fu tale che l’attrice divenne una vera e propria star del muto, ed entrò nell’immaginario collettivo come la più grande e sensuale tentatrice dell’epoca, influenzando di conseguenza anche altre vamp del cinema come Greta Garbo e Betty Blythe.
La Vampira (1915)
«Quello che dava spessore al film, ammesso che ne avesse, non era nè la trama (alquanto misera), nè la recitazione (primitiva): era quella miccia accesa di Theda Bara che incarnò per sempre la figura della vamp come Little Egypt aveva incarnato quella dell’odalisca». Così si espresse lo sceneggiatore dei fratelli Marx S.J.Perelman a proposito de La Vampira al momento dell’uscita, evidenziando come il successo della pellicola fu tale grazie a una rappresentazione cinematografica inedita della donna, dai caratteri fortemente demoniaci e dissacranti e resi al meglio da Theda Bara, diventando dopo questo film una delle prime sex symbol della settima arte. Qui l’attrice veste i panni di una sorta di demone senza nome (“una donna appartenente alla specie dei vampiri”), che seduce John Schuyler (Edward José), un ricco uomo d’affari, seguendolo dagli USA fino in Europa e rendendolo uno schiavo al suo servizio. Licenziato, l’uomo torna nella sua casa di New York, dove ospita la sua esigente amante e, nonostante l’aiuto della moglie e della figlia, viene soggiogato dal potere della vampira.
Scene chiave
Tre le scene chiave che esprimono al meglio la tematica della vamp all’interno della pellicola:
1. L’idillio domestico: l’uomo d’affari John Schuyler trascorre le vacanze con la sua famiglia nella tranquilla località di Larchmont. Nel frattempo la Vampira, che ha appena scaricato il suo ultimo amante, mette gli occhi su di lui.
2. Suicidio a bordo: l’amante piantato in asso la segue sul piroscafo e minaccia di uccidersi. Lei gli ride in faccia e la didascalia dice “Baciami, stupido”. L’uomo si spara e, salendo a bordo, Schuyler vede che portano via il cadavere.
3. L’epilogo: la moglie di Schuyler, con accanto la bambina, fa un ultimo, disperato tentativo di liberare il marito dalle grinfie della Vampira. L’uomo sta per cedere, ma la donna ritorna in scena e lui diventa nuovamente vittima dei suoi sortilegi.
